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I Veneziani e l'Egitto

...Quanto al golfo dei Veneziani è un ampio golfo il quale non ha imboccatura. E' solo una baia con due insenature distanti fra loro 70 miglia; è contornato da belle città appartenenti a un gruppo di Franchi chiamati Veneziani; essi hanno fortezze e cittadelle inaccessibili".

 

Così nel XIII secolo lo storico mamelucco al-Nuwayrī descriveva le terre di Al-Bunduqiyya a noi più nota come Venezia.

L'origine del nome arabo secondo una recente teoria andrebbe ricercata nella parola greca "ouenetikos", un aggettivo che indica, per l'appunto i Veneti: Greci, Arabi, Veneziani, in pochi nomi ci sono alcune delle radici più forti della koinè mediterranea.

La Repubblica Veneta e l'Egitto vantano una reciproca, millenaria conoscenza. Nell'829, proprio da Alessandria d'Egitto, giungeva nelle Lagune il corpo di San Marco: il più grande dono che l'Egitto potesse fare, per quanto inconsapevolmente, alle Venetiae.

Giuseppe che distribuisce il grano. XIII sec. Basilica di San Marco, Venezia

Giuseppe che distribuisce il grano
terzo cupolino di Giuseppe nartece ovest della basilica di San Marco (mosaico della seconda metà del XIII secolo).
Basilica di San Marco, Venezia. Per gentile concessione dell’archivio fotografico della Procuratoria di San Marco.

Col crescere della potenza militare, politica e commerciale della Repubblica si rafforzano i rapporti col Levante e con l'Oriente. Da Al-Bunduqiyya, ogni anno salpano una serie di mude, convogli di mercantili protetti dalle galee da guerra, per andare a scambiare merci e preziosi nei ricchi porti levantini e orientali. Non è quindi un caso se nel medioevo fosse attestata la presenza di un paio di fónteghi veneziani a Alessandria, e dal XIII secolo sino al 1797 quasi senza soluzione di continuità, la presenza un console veneto con sede ad Alessandria o a Il Cairo, evidente attestazione di una comunanza d'interessi pur nella diversità culturale e religiosa di fondo.

Per comprendere meglio questa comunanza d'interessi e di convivenza protrattasi per secoli, si pensi come agli inizi del '500 la Repubblica, per porre rimedio all'intromissione portoghese nel commercio delle spezie, considerasse l'ipotesi di proporre al sultano Mamelucco dell'epoca, lo scavo di un canale per aprire una via di comunicazione diretta tra il Mediterraneo e il Mar Rosso, in anticipo di più di tre secoli sul progetto di Lesseps e Negrelli.

Qualche decennio più tardi, nel 1589, fu proprio un mercante veneziano rimasto purtroppo anonimo, il primo occidentale a risalire il Nilo sino alle rovine dell'antica Tebe, mentre Marco Grimani visitava la piramide di Cheope durante il suo soggiorno in Oriente tra il 1534 al 1536... Si potrebbe continuare a parlare a lungo di questo presenza veneta plurisecolare in Egitto citando anche Belzoni, Miani o Carlo Anti, ma ci si potrebbe anche porre una domanda inversa: cos'è rimasto dell'Egitto a Venezia e nel Veneto?

Molto per la verità, nei cicli pittorici che adornavano le grandi Scuole e le chiese veneziane, nei reperti artistici custoditi nel Tesoro di San Marco, presso il Museo Archeologico Nazionale di Venezia o in altre Istituzioni veneziane. Le grandi collezioni private di antichi reperti archeologici egizi, dalle tracce dell'interesse per la cultura egizia nelle opere letterarie rinascimentali sino all'Egittomania ottocentesca che trova nel Caffè Pedrocchi di Padova la sua espressione più nobile.

E poi ci sono anche le leggende, come quella relativa al rilievo del cammello visibile sulla facciata di Ca' Mastelli a Cannaregio. La storia, tutt'altro che provata, narra di un mercante egiziano di Alessandria che si sarebbe trasferito molto tempo fa a Venezia per superare una delusione d'amore e che avrebbe lasciato il rilievo come segnale tangibile per aiutare la sua innamorata a ritrovarlo. La storia non dice come andò a finire, ma il cammelliere e il suo animale si fanno compagnia da secoli, giorno dopo giorno, contribuendo ad accentuare quell'atmosfera orientale che solo a Venezia si può ritrovare tra le pietre consunte dal tempo.